domenica 15 luglio 2018

Trenta anni di specializzazione in Foniatria


Il 14 luglio 1988, discutendo presso l’Università di Milano, la tesi sperimentale “Possibilità e limiti dell’apprendimento della lettoscrittura nella sindrome di Down”, concludevo formalmente il percorso di specializzazione in Foniatria. Ero già specialista in Otorinolaringoiatria, ma questo ulteriore titolo mi stimolava di più, mi lasciava intravedere la possibilità di scoprire e aprire nuovi orizzonti professionali, soprattutto nella riabilitazione, ma anche nella cultura e nell’arte.
Cominciai a lavorare su tutte le patologie della comunicazione, legandomi particolarmente alla voce artistica (ero sempre attratto dall’idea di unire arte e cultura con la scienza medica), e all’autismo infantile, patologia di cui compresi subito il grande incremento verso cui andava incontro.
In trent’anni ho studiato ancora, direi sempre, ho diagnosticato, curato, verificato, rimesso continuamente in discussione risultati, successi e insuccessi; ho formato centinaia e centinaia di terapisti della riabilitazione, cantanti, allievi e maestri di canto, attori, artisti vari.
In una visione positiva, sento di ringraziare chi ha creduto in me, nel mio impegno, nella mia abnegazione, nella mia -a volte sgradevole- sincerità e chiarezza.
Ringrazio chi mi ha aiutato, nel lavoro come nella vita, soprattutto con critiche piuttosto che con elogi. Ringrazio i miei cantanti, i miei artisti, che hanno avuto (non tutti, però) il coraggio e la capacità di esprimere la loro gratitudine, affermando pubblicamente che i loro miglioramenti, i loro recuperi, le loro guarigioni, erano da collegarsi al mio intervento; e l’hanno fatto spontaneamente, senza che io lo chiedessi per trovare pubblicità attraverso le loro dichiarazioni lette da tanti fans.
Ringrazio le famiglie dei bambini autistici, molti dei quali oggi non più autistici, che mi hanno aiutato ad aiutarli, che mi hanno consentito di verificare sui loro figli, che tante idee e iniziative che avevo, avrebbero portato frutti anche brillanti; ma avevo bisogno della loro incondizionata fiducia -quasi un atto di fede- per poter agire con le mani libere e la possibilità di sbagliare o agire bene, ma da solo e senza interferenze. E ringrazio quanti di loro sono diventati testimoni della validità del mio tipo di approccio, non per me stesso, ma perché le loro dichiarazioni pubbliche di buona riuscita del mio lavoro, sono servite come stimolo e iniezione di fiducia ad altre famiglie trovatesi improvvisamente nella disperazione derivante da una diagnosi di autismo.
Ringrazio i miei allievi ed ex allievi che hanno messo in pratica i miei insegnamenti, e che hanno testimoniato con i fatti, la validità di quanto ho cercato di trasmettere, mettendoci sempre entusiasmo, abnegazione e anche affetto, vedendo in ciascuno di loro una parte viva di me.  
Di contro, mi sento in diritto-dovere di reclamare o semplicemente raccontare qualcosa di altro, di segno opposto.
In questi trent’anni di Foniatria, ho provato spesso l’amaro sapore del tradimento, dell’ingratitudine. Non ho mai voluto sentirmi dire “grazie”, ho sempre rifuggito gli elogi; ma ciò non vuol dire che non abbia notato con disgusto l’esistenza di tanti voltafaccia, di tante negazioni di ciò che di buono era stato ottenuto seguendo i miei insegnamenti. Disgusto per quanti, dopo aver appreso e preso tanto da me, sono andati via (e fin qui non c’è nulla di male, ma…) approdando altrove a criticare e rinnegare il mio operato.
Disgusto per quanti, dopo aver richiesto e cercato di capire il mio modo di lavorare, lo hanno respinto criticandolo, attaccandolo senza neanche conoscerlo fino in fondo, solo perché, evidentemente, risultava loro scomodo, troppo impegnativo e troppo faticoso.
Delusione pensando a quei pazienti, a quelle famiglie, che ancora prima di comprendere fino in fondo che cosa io proponessi, mi hanno criticato e attaccato “a priori”, senza neppure sapere davvero chi fossi o che cosa proponessi.
Disgusto per tanta mediocrità, che è la madre di tutti gli insuccessi; mediocrità che impedisce di mettersi in discussione; mediocrità che porta a criticare gli altri piuttosto che se stessi, i propri limiti, le proprie incapacità.
Se sono ancora in piena attività di studio, ricerca, diagnostica, terapia, confronto, didattica…, è perché credo ancora in questo lavoro; è perché tra tanta mediocrità, invidia, ignoranza, meschinità, malafede, c’è ancora chi mi fornisce le motivazioni, gli stimoli, la percezione di una necessità di operare senza fermarmi.
Brindo virtualmente ai miei primi trent’anni di foniatria, meravigliosa disciplina medica e culturale, ancora nota a pochi, ancora non compresa da tutti, ancora sottovalutata e non adeguatamente utilizzata da tanti.