domenica 25 ottobre 2015

Soprano o mezzosoprano? Baritono o tenore?

Riporto in questo blog, il testo di un articolo inviato a una rivista non specialistica del settore, dunque scritto in forma semplice e divulgativa per un pubblico non esperto; ma forse proprio per questo, di facile lettura:

Spesso nella pratica foniatrica mi capita di visitare allievi di canto, e a volte artisti neppure più tanto giovani, che giungono alla mia attenzione di specialista dei disturbi della voce, con un quesito ben preciso: "Che tipo di vocalità ho? Sono soprano o mezzosoprano?". Oppure, in versione maschile: "Baritono o tenore?".
Se è vero che in molti casi non ci sono dubbi sulle caratteristiche di alcune voci inconfondibilmente tenorili o baritonali, sopranili o mezzosopranili, per estensione, timbrica, tessitura; è altrettanto vero che in altre situazioni, le aree di confine non sono così nettamente definibili, e spesso si aprono duri contenziosi tra maestri di canto più o (soprattutto) meno esperti e capaci, che assumono posizioni e opinioni differenti sulla definizione di determinate vocalità. I danni che derivano da eventuali errori di valutazione, non sono da trascurare. Sbagliare la definizione di una voce, significa impostare esercizi e soprattutto la scelta di un repertorio, su premesse inadeguate, e quindi far cantare l'allievo "fuori range", portandolo a prendere note che talvolta si ritrovano al di là del suo fisiologico campo vocale, con conseguenze sulla fatica, sulla tenuta, sull'estetica del canto, ma soprattutto sulle corde vocali.
Già, le corde vocali, perché molto spesso quei danni che vi si generano, come ad esempio, i noduli, i polipi, gli edemi, provengono proprio da sforzi: quantitativi, nel senso di produzioni ad alto volume senza un adeguato supporto respiratorio, o qualitativi, come appunto nel caso di scelte sbagliate di repertorio.
Compito del medico specialista foniatra, è anche quello di definire con opportuni rilievi laringoscopici e strumentali (oltre che acustici), il campo vocale di un artista, descrivendone l'andamento dei "piani", dei "forti", dei passaggi di registro, e soprattutto i limiti tonali, cioè in termini di note, oltre i quali non è conveniente spingersi.
In lirica, la definizione di una vocalità condiziona necessariamente la scelta di un repertorio, in quanto le partiture sono state scritte per determinate voci e non possono certo essere corrette e adattate a seconda delle tonalità. Questo invece può avvenire nel canto leggero, dove spesso accade di "adattare" le tonalità alle caratteristiche della voce del cantante.
Ma anche per agire in questo senso occorre rispettare i confini stabiliti, altrimenti anche in tali casi ci si può danneggiare, e allora il foniatra non servirà più solo per definire il campo vocale, ma per curare i danni di una sua errata identificazione, o di un suo mancato rispetto.